È partito lo scorso 1 ottobre il progetto “una vita tra le dita” che vede la collaborazione della Fondazione Rachelina Ambrosini di Venticano e l’Università degli Studi di Salerno. Una staffetta che durerà tre anni e che vedrà coinvolti tanti giovani neolaureati in medicina o ostetricia che in Etiopia, più precisamente a Wolisso, metteranno a disposizione della comunità le loro competenze. Un’iniziativa di volontariato che ha come simbolo un cappellino di lana, un oggetto che forse potrebbe apparire superfluo, ma per i piccoli neonati etiopi è vitale lì dove mancano personale e attrezzature e dove ci sono solo due ospedali a servire una popolazione di 80 milioni di persone. A partire solo tre giorni fa, con la consueta borsa piena di cappellini di lana, è stata MariaChiara Mauriello, 23enne di Prata Principato Ultra, neodottoressa in ostetricia. Anche lei, come tutti quelli che l’hanno preceduta e come quelli che le seguiranno è partita per questi 40 giorni che l’aspettano, con tanta voglia di fare e l’intenzione di aiutare chi ne ha più bisogno. La fondazione di Rachelina Ambrosini selezione i giovani volontari anche in base alle esigenze che l’ospedale St. Luke di Wolisso ha e tra queste cresce la richiesta di ostetriche che aiutino le mamme a far nascere i propri figli. Un progetto, quello della fondazione, di Cooperazione per la Salute Globale teso a ridurre le disuguaglianze, con precisi interventi per il Diritto alla Salute, alla Formazione e alla Speranza.
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