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Lotta alla prostituzione, pene severe per i clienti: multe fino a 10 mila euro

ROMA – “Prima di approfondire il tema, credevo che lo sfruttamento della prostituzione si sconfiggesse con la legalizzazione e la regolamentazione dell'attività”: con queste parole l’onorevole Caterina Bini, deputata democratica, ha aperto l’incontro alla Camera dei deputati in cui si è discusso della proposta di legge, che porta il suo nome, sulla prostituzione. “Caterina ed io – ha aggiunto la senatrice Francesca Puglisi, che ha presentato al senato una proposta di legge omologa a quella della Bini - siamo state oggetto di attacchi di molti uomini e dei media: ma sono convinta che colpire la domanda di sesso dei clienti sia l’unico modo per arginare la tratta e la prostituzione. Il nostro tentativo è quello di riuscire a far partire la discussione in parlamento e da oggi deve partire anche un lavoro di rete per dare forza alle esperienze di tante associazioni su questo tema: spero che si apra un dibattito forte in tutto il territorio e ed un lavoro di rete per diffondere una cultura che sia contro la violenza e contro la tratta”, ha concluso l’onorevole Puglisi.

La legge di riferimento, attualmente, è la numero 75 del 1958, intitolata “Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui”; la Legge Merlin, dal nome della senatrice socialista che la propose e che per 10 anni ne seguì l’iter prima che venisse promulgata, dispose la chiusura delle case di tolleranza, l’abolizione della regolamentazione della prostituzione e l’introduzione di una serie di reati per contrastare lo sfruttamento dell’altrui prostituzione. La legge, però, non è stata applicata in tutti i suoi aspetti che sono proprio quelli che oggi determinano più contraddizioni in rapporto soprattutto ad una nuova e massiccia presenza criminale sulla scena della prostituzione. A poco più di due anni fa risale il manifesto bipartisan che puntava alla regolamentazione della prostituzione con due proposte, Spilabotte (2013, Senato)  e Vargiu (2014, Camera) assimilabili tra loro: previsione della partita Iva e di tasse sugli incassi per i “sex workers”; iscrizione alla Camera di Commercio per chi esercita la professione, a patto che si tratti di prostituzione volontaria; controlli sanitari periodici obbligatori; costituzione di aree individuate dagli enti locali in cui esercitare tale professione anche in forma “associata o cooperativa”. In netta contrapposizione con questo indirizzo, si inserisce la proposta di legge Bini con la quale si chiede di introdurre una sanzione per i clienti delle prostitute aggiungendo quanto segue all’articolo 3 della legge 75/1958: “È altresì punito con la multa da euro 2.500 a euro 10.000, salvo che la condotta non costituisca reato più grave, chiunque si avvalga delle prestazioni sessuali offerte da soggetti che esercitano la prostituzione o le contratti, in qualsiasi luogo, pubblico o privato, ovvero nei luoghi e nelle forme vietati dalla legislazione vigente”.

Si tratta, in concreto, della volontà di introdurre anche nel nostro ordinamento il cosiddetto Modello nordico, di origine svedese, in base al quale a dover essere puniti e colpiti dalla legge sono i clienti e non le prostitute. In Svezia il modello nordico trova il suo principio ispiratore nell'uguaglianza tra donne ed uomini, mentre in Norvegia (dove la penalizzazione della domanda di acquisto è diventata legge nel 2009, dieci anni dopo la Svezia) il principio fondante della legge è quello di prevenire e ridurre la tratta degli esseri umani. L'esperienza positiva del modello nordico ci appare più chiara anche leggendo la Risoluzione del Parlamento europeo del 26 febbraio 2014 sullo sfruttamento sessuale e sulla prostituzione, e sulle loro conseguenze per la parità di genere: […] un modo di combattere la tratta di donne e ragazze minorenni a fini di sfruttamento sessuale e di rafforzare la parità di genere segua il modello attuato in Svezia, Islanda e Norvegia (il cosiddetto modello nordico), e attualmente in corso di esame in diversi paesi europei, dove il reato è costituito dall'acquisto di servizi sessuali e non dai servizi resi da chi si prostituisce”.

Sulla scia dei paesi più settentrionali del nostro continente, si sono poi mossi l’Irlanda del Nord (il 2 giugno 2015 ha approvato il modello nordico); la Francia (il 6 aprile 2016 l’entrata in vigore), il Canada (4 novembre 2014). D’altro canto, le esperienze europee di tolleranza e legalizzazione del fenomeno, come quella tedesca ed olandese, non apportano dati confortanti allo studio del fenomeno: non si è avuto un calo del numero delle donne vittime di tratta e, in più, non è detto che agire nell’ambito legale elimini automaticamente la dinamica di sfruttamento. Ma non solo. Secondo il parere di esponenti dell'amministrazione della giustizia, nei paesi in questione la legalizzazione ha reso più difficile stanare la tratta e perseguire la criminalità.

All’incontro romano, per promuovere il dibattito sul tema e per dare voce alle vere vittime di questo sistema, c’erano due associazioni napoletane, l’Udi e Salute Donna. Da loro arriva la richiesta di inserire nella proposta di legge quanto sancito dalla Convenzione di Istanbul (convenzione del Consiglio d'Europa contro la violenza sulle donne e la violenza domestica, approvata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa nel 2011 e recepita dall’Italia nel 2013) circa una presa in carico, da parte delle istituzioni, delle vittime della violenza di genere e sessuale, mediante il programma unico di emersione, assistenza e di supporto sociale. Queste le parole della dottoressa Elvira Reale, psicologa e direttore scientifico dell’Associazione salute donna: “Noi e l’Udi Napoli abbiamo promosso questa iniziativa anche, insieme ad altre associazioni di donne, con lo scopo di sostenere questa legge, la prima proposta italiana in linea con la risoluzione europea Honeyball e con il modello nordico e francese. In particolare, essendo la prostituzione una forma di violenza di genere, anche in questo contesto vanno applicati i diritti di assistenza sanciti dalla Convenzione di Istanbul. La nostra presenza qui alla Camera oggi – ha proseguito la Reale - è anche una presenza di testimonianza nella lotta contro la prostituzione e la tratta. Salute donna è poi impegnata nella lotta alla violenza perché la violenza produce gravi danni alla salute, e così anche la prostituzione che procura addirittura maggiori danni alla salute ed alla vita delle donne”. Sulla stessa scia anche Stefania Cantatore, rappresentante Udi: "Noi siamo in un ritardo folle ed abbiamo visto che il ritardo legislativo su questi temi - anche se la legge Merlin è stata una legge avanzata, ma orfana di protocolli applicativi - rischia di essere riempito di iniziative che possono colpire le donne dando fondamento regolativo alla strage che è la prostituzione”.Ha partecipato all'evento anche la Comunità Giovanni XXIII, già da anni in prima linea nella lotta contro la prostituzione, che ha lanciato la campagna di sensibilizzazione “Questo è il mio corpo: fermiamo la domanda! La prostituzione viola la dignità ed i diritti umani, i clienti sono complici della riduzione in schiavitù e dello sfruttamento”.

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