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Politica

Pd, De Blasio resta in sella per un voto: la sfiducia non passa. Ma il partito è spaccato

Non passa la sfiducia. Carmine De Blasio vince la partita più difficile e resta in sella alla segreteria Pd. Una vittoria sul filo di lana, per un solo voto. Su 52 delegati registrati, 50 sono stati i sì alla sfiducia, 2 le schede bianche. Dunque, nulla di fatto, la maggioranza per defenestrare il segretario non c'è, ciò nonostante il documento delle opposizioni avesse raccolto 54 firme.
Un epilogo inatteso, per certi versi clamoroso. Alla terza assemblea provinciale nel giro di un mese, si è arrivati in un clima da guerra civile, seppure verbale.
A chiedere la testa del segretario le correnti che fanno capo a Rosetta D'Amelio, Luigi Famiglietti, Valentina Paris, Francesco Todisco, Gianluca Festa, Toni Ricciardi: un'anomala alleanza tra renziani, sinistra e correnti varie.
Clima infuocato sin dalle prime battute. Apre la presidente Santaniello, e subito c'è chi le contesta di presiedere l'assemblea senza essersi registrata. Poi tocca all'imputato. De Blasio parla poco, spiega di averle tentate tutte e di non capire il perchè di una operazione che definisce ''canaglia''. Ma più che dal proscenio, lo spettacolo arriva dalla platea.
A dare il via alle danze, Andrea Forgione, burbero e istrionico delegato del Pd di Paternopoli, che da deblasiano doc finge di volere la testa del segretario per il solo gusto di aizzare gli animi. A sostenerlo, il sindaco di Solofra, Michele Vignola. Il pretesto è procedurale: chiedono di sapere quanti delegati si sono registrati, tempi e modalità di voto. Lo show è servito.
Alla fine, grazie alla mediazione di un impacciato Donato Liguori, presidente della commissione regionale di garanzia, si decide per urne aperte dalle 18.30 alle 21. A vigilare ci sono finanche i Carabinieri. 
Poco dopo le 21, il verdetto: i 51 voti per fare fuori il segretario non ci sono. Due franchi tiratori scelgono la scheda bianca e affossano l'operazione canaglia. 
La corrente di De Blasio né si registra, né partecipa al voto. Il campo è lasciato alle opposizioni, che però falliscono. Certo, nulla sarà come prima. La vittoria è numerica, non politica. Dimostra al contempo l'inconsistenza delle minoranze, ma anche l'assenza di una maggioranza in grado di governare il partito.
Si aprono tre strade: dimissioni del segretario, commissariamento del partito, compromesso tra correnti. Quest'ultima, però, è già stata tentata senza successo.
Sullo sfondo la partita del comune di Avellino, dove le stesse componenti sono in guerra contro il sindaco Foti. Difficile fare previsioni.
L'imputato De Blasio gongola, ma è cosciente di avere tra le mani un partito malconcio e spaccato in due. Così non si può andare avanti.

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