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Pd, la verità di De Blasio: ''Apriamo la segreteria, ma nessuna ammucchiata''

De Blasio

Ecco la relazione integrale presentata dal segretario provinciale del Pd, Carmine De Blasio, in occasione della riunione della direzione del partito per analizzare il voto delle Regionali:
''Ci siamo. 
Eccoci qui. Il giorno della verità è arrivato. Il giorno della verifica, o meglio, come piace a qualcuno di voi il giorno della resa dei conti. 
Facciamola questa resa dei conti, visto che già da un po’ si è aperto il fuoco di fila sulla segreteria provinciale, pardon, sul segretario provinciale. Su quest’ultimo samurai che resiste ostinatamente a via Tagliamento.
Vorrei innanzitutto precisare che la mia non sarà una semplice relazione. Anzi non sarà affatto una relazione, visto che comunque, non sarebbe bastata, ho immaginato, come già avete visto dalla convocazione della direzione, di parlare di comunicazione del segretario. 
Si perché in fondo è proprio quello che intendo fare: una comunicazione. 
Certo non è semplice stabilire da dove cominciare. Perché da qualunque parte inizi rischi di perdere un pezzo e io ci tengo a non perdere, a non trascurare proprio nulla.
Potremmo partire dalle elezioni provinciali, poiché quelle regionali spiegano molto di quanto accaduto allora. Ma dovrei parlare il doppio.
Forse un’idea potrebbe essere quella di partire, come spesso si dice, da dove eravamo rimasti. 
Dall’assemblea provinciale di Asilo patria e lavoro. 
Quella famosa assemblea che fu convocata per avanzare al partito regionale una proposta di lista di candidati alle regionali 2015. 
Una grande operazione mediatica organizzata a tavolino ci ha fatto girare sui siti e le testate nazionali a causa delle urla, le contestazioni, le sceneggiate ecc. 
La conseguenza immediata di quell’assemblea è stata che la proposta della lista è arrivata a Napoli, prima in assemblea regionale, poi sotto esame di una commissione speciale, e successivamente, avocata formalmente dalla segreteria nazionale del Partito Democratico. 
Tutto il PD italiano, insomma, era a conoscenza della complessità di quella proposta di candidature. 
Tutti a Roma come a Napoli sapevano delle rivendicazioni e delle richieste di una parte della minoranza che aveva rinunciato, non è male ricordarlo, una candidatura femminile e che quindi spingeva per uno spazio maschile nella lista e, dall’altra parte, un altro pezzo di minoranza, anche numericamente più consistente della prima, che mentre faceva strumentalmente da sponda, era concretamente concentrata con i 6x3 per la candidatura del proprio leader nella lista dei Verdi.
Bisognava decidere. Doveva decidere il partito di Roma e di Napoli. Malgrado le richieste, le pressioni, gli interventi, nonostante i filmati e i video, hanno deciso e hanno autorizzato la lista proposta all’assemblea.
Oltre la legittimazione formale di quella lista, visto che il Partito regionale ha dovuto autorizzare la consegna della documentazione in tribunale: C’è stata poi la legittimazione politica in campagna elettorale: esponenti della segreteria nazionale, sottosegretari e viceministri, fino alla presenza del vice segretario nazionale che sono venuti qui, in Irpinia, a sostenere la lista e i candidati. 
Però tutti sapevano come erano andate le cose, prima, durante e dopo. E meglio lo sapevano proprio quelli che non hanno perso tempo per dire che la lista si poteva fare diversamente. 
Arriva la campagna elettorale. 
Sappiamo come sono andate le cose. 
Quelli che proprio dovevano candidarsi, su prescrizione medica, non ci hanno pensato un attimo e si sono collocati, candidandosi chi nelle liste collegate al presidente, chi in altre liste di partito.
Ed ecco subito l’ennesima polemica .
Con chi?
Con il segretario provinciale.
E perché?
Perchè si permette di dire che bisogna votare la lista del Pd. Perché chi è del pd vota Pd.
Invece no, spiegano, ci si dovrebbe limitare a dire di votare per il candidato presidente. 
Invece De Blasio vuole lo scontro quando dice che va sostenuta la lista del Pd. 
E chi mi recrimina il fatto che io dica che bisogna votare il Pd ? Sono quelli che si sono candidati in altre liste, che chiedono giustamente il voto per se stessi e non per la lista del Pd.
Queste stesse persone però oggi ci fanno la ramanzina perché il Pd non ha preso abbastanza voti.
L’assurdo ancora in questa provincia: fino al punto che dirigenti in carica, segretari di circolo, qualche parlamentare con responsabilità apicali partecipano, disinvoltamente, a iniziative di altre liste, fanno campagna elettorale per altre liste, perché in fondo, come loro stessi dichiarano, il voto è segreto. 
La verità è che ci siamo assuefatti al ridicolo, all’assurdo. E mi fermo qui. Per ora.
Naturalmente siamo andati avanti per la nostra strada. Abbiamo provato a proporre iniziativa di contenuto, riflessioni tematiche utili al confronto elettorale. Abbiamo discusso dei temi della giustizia, della sanità, dell’economia e abbiamo, vorrei sottolinearlo, contribuito perché l’Irpinia diventasse centrale in questa campagna elettorale. 
Così è stato. Il candidato presidente, Vincenzo De Luca, ha più volte ribadito, anche fuori dal territorio irpino, l’impegno e l’attenzione verso le nostre problematiche, a cominciare dal NOTRIV, così come lo stesso Matteo Renzi, sia quando è venuto a Salerno che nelle trasmissioni televisive nazionali, ha fatto rifermento esplicito all’impegno per l’Irpinia.
Intanto, però succede che clamorose iniziative, come quella dell’antimafia, avvelenano un clima elettorale già di per sé difficile, e fanno non apparire sempre più impossibile il risultato elettorale. 
Un risultato elettorale, che, invece, tra lo stupore di molti, non solo in Campania, arriva. 
Dopo un testa a testa, Vincenzo De Luca batte Caldoro e finalmente si afferma la vittoria del centrosinistra.
Affluenza bassa. Anzi bassissima. Molto meno rispetto alle precedenti elezioni regionali. Oltre il 10% in meno. 
Però questo dato sembra non interessi, non qualcosa di cui discutere.
Si discute, e giustamente, della performance del Partito Democratico.
Una performance deludente e molto se si prendono a riferimento i dati delle Europee.
Meno deludente rispetto a quelli delle precedenti regionali e comunque, tenuto conto del 10% di votanti in meno.
Dall’idea che ci siamo fatti il punto che richiede un maggior approfondimento di analisi e di valutazione non è tanto quello quantitativo. Ma diremo tra un po’. 
Perché insieme all’elemento dell’affluenza al voto dovrebbe risultare di oggettiva evidenza, diciamo ai più, che quei voti arrivati alla lista del Pd alle elezioni europee si trovano distribuiti in almeno il 90, 95% dei voti alle liste del centrosinistra alle regionali. (Per dirla in altre parole sembra abbastanza evidente che la stragrande maggioranza di coloro che hanno votato nel 2015 le due liste del Presidente, la lista dei Socialisti, di Idv, di Centro democratico, di Campania in Rete, dei Verdi avevano votato alle europee il Partito Democratico).
A proposito e la lista del Pd. La lista se si è dimostrata all’altezza della prova elettorale? Qui invece i numeri pesano perché ritengo che lo sforzo sia stato massimo, che i candidati abbiano fatto il massimo e il possibile per aggregare e raccogliere consenso. Si è innescata certo anche una forte concorrenza e competizione interna. Ciò, nelle condizioni date, ha permesso ai quattro candidati del Pd di essere tra i primi sette o otto candidati più votati della provincia di Avellino.
Poi qualcuno può ritenere che se il partito lo avesse scelto e candidato riusciva a portare più voti di quelli che hanno portato questi candidati? 
Io resto dell’avviso che in giro fuoriclasse, campioni di consenso non esistevano. Ma con questo non vorrei disilludere persone.
Subito però il clima che artatamente si alimenta è che abbiamo perso. Anzi De Blasio ha perso, perché c’è stato il crollo del Pd. 
Perché il Pd in Veneto arriva addirittura al 15 % , in Campania raccoglie una media percentuale del 19%, così come in Irpinia.
Non importa. Il Pd in provincia di Avellino è crollato. Come se altrove avesse mantenuto il 30 o 40% e in Irpinia solo il 19%. 
E, ancora una volta, chi muove queste obiezioni dentro il partito? Quelli che il partito non lo hanno votato. 
Come dicevamo a nostro avviso più che quantitativo, più che numerico, interessa il dato politico che indubbiamente emerge dai risultati elettorali e che pesa e come per il Pd.
Perché non regge alla prova dell’elettorato un Pd leggero, un Pd degli annunci, un Pd del cambiamento, l’euforia del nuovo e il superamento del passato, insomma tutto ciò che aveva concorso all’eccessivo successo delle elezioni europee.
E non regge, perché nel corso di quest’anno il Pd, o forse ancora più correttamente Renzi, si è misurato con la difficoltà reale di realizzarlo il cambiamento. Quindi le scelte che pesano sulla vita di persone in carne ed ossa, di lavoratori e pensionati. 
Mettere mano alle riforme significa anche mettere in conto che un’opinione pubblica si forma, che si afferma, si diffonde e che incide sugli umori e i comportamenti dell’elettorato.
Oggi il Pd delle europee semplicemente non esiste più, e il Pd che viene fuori dalle regionali pone a se stesso una questione, una domanda strategicamente essenziale. 
Come rimettersi in sintonia con gli italiani; come superare l’asfissiante dialettica interna, come riorganizzare la convivenza politica interna e escludere che possa per ragioni di equilibri e di rapporti di correnti, di interessi di pochi verificarsi quello che già lo scorso anno è accaduto in Irpinia per le Provinciali, quest’anno è accaduto in Liguria o la stessa incomprensibile iniziativa della Bindi.
Il PD in Italia oggi esprime la necessità di definire che partito vuole essere, se vuole essere un partito.
Dunque, per ricapitolare: Vincenzo De Luca batte Caldoro e segna un fatto politicamente straordinario per l’intero Mezzogiorno, o almeno ci auguriamo che lo diventi.
Il Pd in Campania, per le ragioni già esposte e spiegate da tutti a cominciare dai componenti la segreteria nazionale cioè il fattore delle liste collegate ecc., si afferma comunque il primo partito in Regione con quella percentuale e lo stesso accade in Irpinia con la stessa percentuale.
La lista del Pd fa il pienone delle preferenze. E immaginate solo per un attimo se l’ultimo della lista Pd fosse stato in termini di preferenze sul filo rosso, bord-line e invece la distanza è stata indiscutibilmente notevole.
Accade tutto questo e scoppia la polemica, solo in Irpinia, no a Caserta dove il Pd va al 17% non a Salerno dove va al 18%.
E ricomincia lo spettacolo: De Blasio deve essere cacciato, gli equilibri cambiano, le maggioranze anche, le soluzioni potrebbero essere recuperare tutti, riabilitare tutti. 
Dal minuto dopo il risultato elettorale abbiamo riconosciuto la necessità forte e vera di raccogliere, interpretare e valorizzare al meglio tutti i segnali e le sollecitazioni di cambiamento.
E soprattutto da questo punto in poi vi chiederei la massima attenzione. Perché provo a spiegare cosa ho in mente, come intendo rilanciare l’impegno e l’attività del partito democratico.
I territori. Non possono essere più una espressione vuota di cui ci riempiamo la bocca. Ma poi restano lì, e vivono una dimensione spesso completamente dissociata da quello che la politica presume di rappresentare.
Territori significa conoscenza. Da questo punto di vista il lavoro sin qui fatto dalla segreteria provinciale si è ispirato ad un metodo nuovo che intendiamo rilanciare e valorizzare. I territori vanno conosciuti. Nel corso di questa campagna elettorale abbiamo avuto modo anche di scoprire un’Irpinia del coraggio, dell’iniziativa, un’Irpinia che non si arrende e che si da da fare ma che non trova rappresentazione adeguata nè attraverso i partiti né attraverso altre rappresentanze sociali.
Il Pd sui territori deve uscire fuori dalla cerchia dei cognomi di riferimento che si sono intestati il simbolo del partito. 
Tutti dicono bisogna aprire. Per noi aprire significa garantire spazio di agibilità e di iniziativa politica a chi ne ha voglia. A prescindere dall’appartenenza. Il partito non si trasmette come patrimonio ereditario.
Il Pd ha vinto le elezioni regionali, scusate se lo dico, ma per non dare fastidio a qualcuno anche qui dentro lo dico a bassa voce, dunque è un partito che cambia pelle perché evidentemente ora è chiamato alla prova dei fatti. 
Una cosa è stata quell’attività di raccolta di proposte o spesso di proteste contro Caldoro altra cosa, oggi, con la responsabilità di governo regionale, è far valere e contare le nostre ragioni sui temi e le problematiche esposte in questi mesi e in questi anni.
L’Irpinia ha bisogno oggi di un partito democratico che sia cosciente della funzione nuova che deve e che può esercitare per costruire risposte e non solo più aspettative per queste comunità.
Aprire il Pd significa lasciare spazio alle competenze e alle idee nuove di tutte quelle persone che hanno voglia di dire e di fare.
Quindi attingere alle espressioni meglio organizzate della società irpina e di ricercare nei luoghi dove si consuma il confronto reale e virtuale quello che più può servire a questo progetto politico per rinnovarsi. 
Un straordinario sforzo di innovazione e di modernizzazione anche dei temi di discussione politica. Dobbiamo abituarci a parlare di questioni che non vengono normalmente trattate a livello provinciale ma che sono molto presenti nella considerazione dei nostri cittadini. Che vanno dalle problematiche di politica estera agli argomenti di carattere etico e morale.
Dobbiamo liberare finalmente il nostro dibattito politico dalle catene di un arretrato provincialismo culturale e proiettarlo nelle dimensioni reali del cittadino di oggi.
Dobbiamo avere il coraggio di andare fino in fondo nelle battaglie di civiltà che abbiamo sostenuto in questi anni di opposizione. Dalle tematiche ambientali: il no al petrolio e alla riconsiderazione e valorizzazione delle potenzialità delle Irpinie, alla riorganizzazione del sistema sanitario e dei servizi socio sanitari. Restituire dignità al sociale, riportare ragionevolezza nella riorganizzazione del sistema del trasporto pubblico.
Aprire il partito significa far saltare le logiche, le pratiche e le vecchie abitudini consociative che hanno fatto tanto male alla nostra terra e alle nostre generazioni. Da questo punto di vista orgogliosamente rivendichiamo il merito di aver scacciato, e ancora di più lo faremo, i professionisti e gli esperti dai tavolini e dei caminetti delle trattative e dei compromessi. 
Insieme a questi indirizzi senza dubbio bisognerà raccogliere tutti i contributi che nella stessa ottica, nella stessa direzione, vorranno emergere dalla discussione di oggi e dalle vostre valutazioni.
Noi riteniamo di avere il dovere di provare a realizzare quanto ho appena detto. 
Vorrei richiamare la vostra attenzione su queste considerazioni poiché riteniamo che proprio attorno a questa nuova condizione politica in cui si ritroverà il Pd anche in Irpinia possiamo e dobbiamo realizzare il massimo della coesione dentro il Pd.
Su questo terreno intendo lanciare un vero e convinto invito non generico e astratto a tutte le sensibilità l’invito, l’appello a collaborare. L’Irpinia ha bisogno oggi di un Pd forte e determinato a salvaguardare gli interessi di queste comunità e questo lo possiamo fare se ci ritroviamo tutti intorno allo stesso obbiettivo.
Non nascondo che ci siamo interrogati molto in questi giorni per capire, per comprendere le nostre responsabilità, anche nei confronti delle rappresentanze più vicine. 
Cosa si potesse rimproverare, quale sostanziale mancanza sul piano politico ci potesse essere attribuita.
Da un anno e mezzo, cioè da quando siamo alla guida di questo partito, con lealtà e correttezza politica, fino a subire le più spietate campagne mediatiche di insulti e demolizione personale, abbiamo fatto il nostra dovere, senza chiedere e, per la verità, senza ricevere slanci significativi di solidarietà politica. 
Ci siamo intestati responsabilità politiche importanti, con tutte le conseguenze di contestazioni e di attacchi, pur di far valere decisioni non personali, scelte non individuali, ma per difendere e sostenere soluzioni condivise e concordate, e soprattutto assunte nell’interesse non del sottoscritto ma del migliore risultato per il Pd. 
Perché forse è anche il momento di cominciare a dire come sono andate certe cose. 
A rivendicare anche la fierezza, e non certo l’ingenuità, di chi rifiuta una candidatura per essere, come giusto che sia, rispettoso e corretto verso un percorso politico avviato sul territorio.
Però c’è un limite. E noi il limite lo abbiamo toccato. 
Non si può consentire che una persona venga trattata come si è lasciato fare nei confronti del segretario provinciale, e non solo sul piano politico. Al di là se lo merita o meno. E noi che siamo presuntuosi riteniamo di non meritarlo. 
E ciò avviene per gli screzi, le gelosie, le invidie tra persone, gruppi e correnti dentro e fuori la maggioranza del Partito.
Avete nomi e cognomi, chiamatevi con i vostri nomi e cognomi e non nascondetevi dietro il ruolo, la figura e la funzione del segretario provinciale.
Ai bambini si dice : giocate ma non fatevi male.
So di essere l’ultimo in mezzo a voi, so che in mezzo a tanti professori a tanti “pezzi da novanta” sono l’ultimo della fila. 
Ma con molto rispetto e, se volete, con riverenza nei confronti di tutti, vi dico in punta di piedi, che io un certo atteggiamento verso il segretario provinciale, non lo consento più.
È vero dopo queste elezioni deve cambiare qualcosa. La novità che dovete sapere è che io sono il primo, il più interessato a che molte cose concretamente cambino. 
Non siamo più disposti ad apparire come i fessi del villaggio.
Le elezioni regionali mettono un punto. Perché nessuno si può lamentare. Perché quello che si doveva fare è stato fatto. Ora basta.
E guardate non è per un atto di superbia o di supponenza che non ho voluto alcuna riunione di area o di maggioranza prima di questa direzione.
E non perché fossi convinto di non dover elemosinare un sostegno. 
Ma perché insieme a voi, indistintamente a ciascuno di voi, sono desideroso di chiarezza e soprattutto di non lasciare a chi ci ha sguazzato sinora ancora la possibilità di farlo nell’ipocrisia e nell’ambiguità, o peggio nella comoda condizione dell’indifferenza.
Le responsabilità bisogna assumersele tutte e tutti. Io l’ho sempre fatto assumendomene anche quelle non direttamente riconducibili alla mia azione.
Abbiamo ricevuto un mandato congressuale democraticamente e direttamente da migliaia di iscritti. Abbiamo intenzione di portarlo fino in fondo innanzitutto insieme a chi dall’inizio ha condiviso questo percorso e, fate attenzione, insieme a tutti coloro che vorranno condividere questo secondo tempo della segreteria provinciale.
Senza pregiudizi nei confronti di nessuno ma nella correttezza di un rapporto di collaborazione politica.
Chi vuole dare una mano non solo è ben accetto, avrà tutto lo spazio di valorizzazione necessario. Ma un punto fermo: questa è la linea, questo è il segretario che la realizza.
Lo ripeto. Il massimo della disponibilità al coinvolgimento. Lo avevamo detto anche prima delle elezioni ne siamo ancora più convinti oggi. 
Apriamo la segreteria a tutti, ma a tutti quelli che si riconoscono nel percorso che vi ho appena rappresentato e che puntualizzeremo ancora di più nei prossimi giorni.
Nessuna ammucchiata. 
Le elezioni, mi dispiace per qualcuno, non ripuliscono la fedina politica. 
Chi ha subito un provvedimento da un organismo di garanzia resta dove quell’organismo di garanzia lo la collocato.
E se sta fuori dal Pd, in base a quel provvedimento, resta fuori dal Pd. 
Rispetto le opinioni anche autorevoli che si sono lette e intra-lette in questi giorni. 
Ma la linea di questa segreteria la detta il segretario.
Vi assicuro, non esistono risentimenti, rancori. In politica non esistono sentimenti. 
Esiste semplicemente una questione di pulizia e di serietà. 
Poi, al comune di Avellino, ad altri livelli istituzionali si ritiene di rivedere una fase nuova e diversa di collaborazione amministrativa, si discuta pure, se ne parli, se c’è la volontà.
Ma la confusione no. Già ve n’è abbastanza. Non serve. Questo no.
Così come vorrei essere chiaro rispetto ad un altro capitolo che appassiona molto gli addetti ai lavori: la sindrome De Mita, la sindrome Udc.
Io suggerirei di non affannarsi. Una cosa è il Pd, cosa diversa è l’Udc. In Irpinia se esiste il Pd è proprio perché sette anni fa si è marcata questa differenza.
Il colpo di scena dell’ultimo giorno prima della campagna elettorale che ha visto il ritorno dell’Udc dentro il campo del centro sinistra non ha ancora avuto i passaggi politici necessari. Perché tutti sanno che quella decisione è maturata a seguito di una iniziativa non politica del Pd campano, ma del candidato presidente con i vertici dell’Udc.
Ci saranno condizioni per aprire questo confronto politico tra partiti diversi dentro la coalizione di centrosinistra? Vedremo.
Intanto però ricordiamoci che noi che stiamo nel Pd. Che abbiamo compiuto una scelta tempo fa profondamente diversa rispetto a che sceglieva un idea culturalmente differente e che in questi anni hanno provato a resistere con tutte le proprie forze alla forza di cambiamento. A quella forza di cambiamento che invece noi dobbiamo ancora realizzare in pieno.
Abbiamo l’intelligenza, la saggezza, la maturità politica per capire che è il tempo di segnare una svolta, nell’impegno anche personale di militanza politica. 
Io mi adopererò ad ogni livello per affermarlo.
Credetemi seppur nell’amarezza, nella stanchezza di un stress continuo, ossessivo da mesi, io trovo in questa voglia di segnare la differenza rispetto alla prima parte di questo mandato congressuale, la motivazione maggiore, più forte, forse l’unica. 
Certo siamo anche consapevoli di poterci ritrovare senza più il consenso della maggioranza del partito. 
Magari di qui a qualche giorno di fronte ad una mozione di sfiducia ( con la forte curiosità di leggerne le motivazioni) che l’assemblea provinciale dovrà approvare. 
Ma ci sta, ci può stare. 
Insomma è un rischio che mettiamo in conto scegliendo da oggi questa nuova impostazione politica per noi vincolante.
È un rischio proporzionato al cambio di marcia che serve al Partito, oltre che al segretario che sinora ha già pagato un prezzo politico troppo alto.
Decidete, scegliete, fatelo una volta e per sempre, e date coerenza alla vostra scelta. 
Perché continuare a chiamare giornali, a fare interviste stando con un piede dentro e uno fuori. Questo no. Risparmiateci almeno l’ignavia e l’ipocrisia. 
La soluzione c’è. Se non c’è la condivisione, la risposta sta nello statuto del partito democratico.
Dovesse verificarsi anche questa eventualità l’affronteremo con dignità, l’affronteremo a testa alta, senza nasconderci come abbiamo sempre fatto, ricoprendo una funzione straordinariamente complessa come quella del segretario provinciale.
Lo voglio dire ai giovani, ai tanti ragazzi conosciuti in campagna elettorale, e soprattutto a quelli che mi sono stati sempre vicini. 
Di una cosa in particolare bisogna andare fieri. Non lasciarsi piegare, perché nessuno è superiore alla tua dignità, perché nessuno può avere una parola in più sulla tua onestà.
E all’inciviltà e alla barbarie si risponde con il coraggio. Sempre.
Qui finisce la comunicazione del segretario provinciale.
Pensateci, rifletteteci e fateci sapere''.

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