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Facebook? Vi sbagliate: in realtà state utilizzando Yahoo

"Repubblica" racconta la guerra dei brevetti

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Sì, più di 850 milioni di amici si possono sbagliare. Credevamo di navigare su Facebook? Credevamo di essere iscritti al social forum più famoso del mondo? Macché Facebook: eravamo su Yahoo. Ricordate? Il motore di ricerca che negli anni Novanta splendeva nel mondo di Internet come il sole, e poi il sorgere di Google ha gettato quasi nell’ombra.
Non è uno scherzo: Yahoo crede davvero di essere Facebook. Al punto da averlo messo nero su bianco. Leggete qui. Punto uno: "Senza le conquiste di Yahoo i siti come Facebook non avrebbero tutti questi visitatori e i sostanziosi ricavi". Punto due: "Prima di adottare nel 2008 la tecnologia di social network brevettata da Yahoo, Facebook era considerato uno dei peggiori siti di tutta la rete per la pubblicità". Punto tre: "Facebook deve quindi la sua popolarità tra i navigatori di Internet alla non autorizzata violazione dei brevetti di Yahoo". 
Mark Zuckerberg non voleva credere ai propri occhi quando ha letto l’atto d’accusa con cui il Ceo di Yahoo Scott Thompson gli ha presentato il conto, davanti al giudice, per quei dieci brevetti infranti. Le schermaglie erano andate avanti per settimane e sapete come funzionano queste cose: ci si parla tra avvocati, una carta calata qui, una carta calata là, e poi ci troveremo come le star a bere un frullatino alla Creamery più fighetta della Silicon Valley. 
La guerra delle "patenti", cioè dei brevetti, è vecchia quanto la storia della tecnologia: dall’invenzione della ruota in poi. Il boom dell’hitech non ha fatto altro che moltiplicare le occasioni. "Immaginate un mondo in cui a Microsoft non fosse concesso di vendere Windows o Word, nessuno potesse usare il Blackberry, i microchip di Intel fossero tolti dal mercato e le compagnie che volessero utilizzare il sistema operativo Linux dovessero pagare una cifra esorbitante a un oscuro rivenditore. Quel mondo naturalmente non esiste scrive l’esperto Bill Snyder ma ciascuno di questi scenari si sarebbe potuto realizzare se cinque grandi battaglie sulla violazioni dei brevetti si fossero chiuse diversamente".
Quel mondo non esiste: ma davvero adesso la megacausa di Yahoo rischia di cambiare i connotati a Facebook? Nel quartier generale del social network sembrano cascare dalle nuvole: "Siamo sconcertati dal fatto che tutti gli sforzi di Yahoo di trattare si siano ridotti a qualche breve telefonata". E dai Mark, non fare il prezioso: cosa avresti voluto, un corteggiamento vero e proprio? La verità è che a Palo Alto nessuno si aspettava una mossa del genere, in questo momento, da Yahoo. L’ex gigante si sta attorcigliando in una crisi che sembra senza fine da quando il fondatore Jerry Yang rifiutò l’offerta che non avrebbe potuto rifiutare fatta da Bill Gates: 47,5 miliardi di dollari per sposarsi con Microsoft. Oggi Yahoo vale meno della metà di quell’offerta, 19,1 miliardi, e ha attraversato momenti ancora più neri con la cacciata prima dell’amministratore delegato Carol Bartz fatta fuori proprio da Yang e poi col clamoroso defenestramento dello stesso cofondatore. Solo qualche settimana fa si è insediato il povero Thompson: con tanto di gaffe. La email riservatissima con cui annunciava la cura di tagli per rimettere in pista il gigante è stata misteriosamente inoltrata a un sito specializzato. 
Insomma una situazione mica tanto solare per l’azienda di Sunnyvale: figuriamoci, hanno pensato a Facebook, se con tutto questo patatrac troveranno davvero il tempo per venire a rompere le scatole a noi. E invece eccolo qua, Scott, a battere cassa. Come finirà? Nella Silicon Valley lo sanno tutti che le guerre delle "patenti" si chiudono appunto con la contrattazione: soprattutto perché tra le migliaia di brevetti che ogni azienda possiede c’è sempre qualcuno da poter scambiare con l’avversario che pretende la proprietà di un altro. Il piccolo particolare è che Facebook ha ben poco da scambiare: di suo possiede soltanto 20 brevetti. Contro i mille di Yahoo. E allora?
Scenario numero 1: vissero tutti felici e contenti. Sì, i due litiganti fanno la voce grossa per un po’ ma poi trovano l’accordo che Yahoo aveva già strappato con Google otto anni fa. Anche allora il sito sosteneva che il rivale fosse cresciuto con i suoi brevetti. Finì con il gigante di Mountain View che non solo riconobbe i diritti (monetari) delle "patenti" ma tacitò il rivale con 2,7 milioni di azioni il cui valore è centuplicato dopo la quotazione. Molti sospettano che Yahoo stia tentando lo stesso gioco: e che finirà così per salire sul carro di Facebook alla vigilia di quella discesa in Borsa che ha fruttato al social network la valutazione record di 100 miliardi di dollari. Scenario numero 2: alla guerra come alla guerra. Visto che facendo il prezioso il signorino Zuckerberg l’ha già pagata, questa volta alzerà lui stesso il telefono è telefonerà a zio Steve Ballmer: Microsoft, abbiamo un problema. In fondo quale momento migliore per la casa di Bill Gates di dimostrare che il suo 1,6 per cento di azioni Facebook non sono solo un parcheggio in attesa del botto in Borsa? E quale occasione migliore per vendicarsi con Yahoo di quel no sdegnoso che ancora brucia? Microsoft di brevetti ne ha la bellezza di 20mila: e vuoi che in quel tesoro non spuntino le armi con cui replicare alle rivendicazioni di Yahoo? Allora davvero ne vedremmo delle belle: Microsoft, Facebook e Yahoo l’un contro l’altro armati. Sì, 850 milioni di persone si possono sbagliare: credevamo di vivere in un mondo di amici e invece eccoci qui, in questo mondo di ladri.     Angelo Aquara (articolo apparso sull'inserto di "Repubblica", "Affari e Finanza")

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