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Sismicità Sannio, risalita del magma. Mastella chiede un incontro con la Regione per valutare il rischio

La decisione è scaturita a seguito dello studio condotto da Ingv e Università di Perugia

terremoto

Sismicità nel Sannio. Una sorgente di magma sotto l’Appennino meridionale, nell'area del Sannio-Matese, può generare terremoti "di magnitudo significativa".

Lo studio, pubblicato sulla rivista Science Advances, porta la firma dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) e del dipartimento di Fisica e geologia dell'Università di Perugia. 

Proprio in relazione alla scoperta condotta da un team di ricercatori Ingv e del Dipartimento di Fisica e Geologia dell’Università di Perugia - secondo cui i terremoti avvenuti nel dicembre 2013 nell’area Sannio-Matese sono stati innescati da una risalita di magma nella crosta tra i 15 e i 25 km di profondità e che, conseguentemente, tali fenomeni possono generare in futuro terremoti di magnitudo significativa - il sindaco di Benevento, Clemente Mastella, nelle prossime ore formulerà "una richiesta ufficiale alla Regione Campania affinché venga convocata una riunione che coinvolga le istituzioni del territorio interessato al fenomeno, la Protezione civile, le Università degli studi di Napoli e del Sannio e i ricercatori dell’Istituto nazionale di Geofisica e vulcanologia e del Dipartimento di Fisica e Geologia dell’Università di Perugia (DFG-UNIPG) che hanno condotto lo studio in modo da poter approfondire la valutazione del rischio sismico esistente nella suddetta area e poter quindi mettere a punto una strategia di interventi in grado di ridurre significativamente le conseguenze di eventuali eventi tellurici”.


LA SCOPERTA IN SINTESI...
“Le catene montuose sono generalmente caratterizzate da terremoti riconducibili all'attivazione di faglie che si muovono in risposta a sforzi tettonici. Tuttavia -  spiega Francesca Di Luccio, geofisico INGV e coordinatore, con Guido Ventura, del gruppo di ricerca, studiando una sequenza sismica anomala, avvenuta nel dicembre 2013-2014 nell’area del Sannio-Matese con magnitudo massima 5, abbiamo scoperto che questi terremoti sono stati innescati da una risalita di magma nella crosta tra i 15 e i 25 km di profondità. Un’anomalia legata non solo alla profondità dei terremoti di questa sequenza (tra 10 e 25 km), rispetto a quella più superficiale dell’area (< 10-15 km), ma anche alle forme d’onda degli eventi più importanti, simili a quelle dei terremoti in aree vulcaniche”.

Si tratta di un risultato significativo che, come fa sapere Guido Ventura, vulcanologo dell’Ingv, “apre nuove strade alla identificazione delle zone di risalita del magma nelle catene montuose e mette in evidenza come tali intrusioni possano generare terremoti con magnitudo significativa. Lo studio della composizione degli acquiferi consente di evidenziarne anche l’anomalia termica“.

“È da escludere che il magma che ha attraversato la crosta nella zona del Matese possa arrivare in superficie formando un vulcano... Se l’attuale processo di accumulo di magma nella crosta dovesse continuare non è da escludere che, alla scala dei tempi geologici (ossia migliaia di anni), si possa formare una struttura vulcanica”, così Giovanni Chiodini geochimico dell'Ingv. (t.l.)





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