Troppi cesarei in Campania, e arriva la bocciatura del rapporto sulla natalità stilato dal dipartimento di Sanità pubblica dell'Università Federico II di Napoli. Nonostante i controlli, le diffide ai manager, le commissioni di controllo e le tariffe penalizzanti, il gruppo scientifico guidato da Maria Triassi, registra tassi in media superiori del 30% rispetto al normale. Dallo studio emerge che i picchi di parti chirurgici si registrano soprattutto nella Asl metropolitane e nelle strutture private di più piccole dimensioni. Sulle oltre 53mila nascite registrate nel 2012 i tagli chirurgici sono stati 32mila, pari al 61% del totale, ben al di sopra della soglia fisiologica che è dal 15 al 30%. La proporzione, tra le varie Asl e le strutture private segna un dato che varia da un minimo di 40,4% per la Asl Avellino a un massimo di 67,4% per l'Asl Napoli 2 Nord. La proporzione di parti in via naturale è maggiore nelle Asl di Avellino e Benevento. In particolare negli ultimi 5 anni la proporzione di nati da taglio cesareo si è ridotta da 43,6% a 37,8% nella provincia di Avellino, ma è aumentata da 61,8 a 66,6% nella provincia di Caserta. Come spiega la Triassi “emerge che l'accesso di tagli chirurgici è legato alla scelta degli operatori di intervenire chirurgicamente, vuoi per paura di contenziosi nel caso qualcosa vada storto, vuoi per la comodità di programmare un parto in un determinato giorno. Ciò anche in gestanti che non evidenziano problemi clinici, nelle quali l'intervento chirurgico può invece rappresentare di per sé un rischio aggiunto, oltre che un costo inappropriato non giustificabile”.
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