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Melillo: "Oltre al diritto di cronaca esiste anche quello alla riservatezza"

Nota del Vescovo di Ariano Lacedonia Sergio Melillo

Carissimi fratelli e sorelle, cari presbiteri, diaconi, religiosi/e, da settimane, quasi quotidianamente, una nota trasmissione televisiva dedica parte del suo palinsesto alla penosa vicenda degli ex voto in oro trafugati dal palazzo vescovile. Per i modi addirittura persecutori e financo irrispettosi dei luoghi di culto e delle funzioni religiose in cui si attua; per i contenuti, in vari momenti, falsi, insinuanti e ingannevoli in cui si esprime, essa da un canto lede il ruolo e l’immagine della Chiesa, la figura e la persona del Vescovo, dall’altro mi preoccupa per lo smarrimento che genera nella comunità diocesana. Sin dalla prima puntata del programma mi sono formalmente doluto di una impronta affatto corretta della informazione giornalistica; ho motivato, inoltre, la mia intenzione di non rilasciare interviste. Dal volgere degli eventi ho ragione di ritenere che il mio atteggiamento non sia stato gradito, registrando l’intendimento quasi punitivo e sempre più pressante, anche per mezzo di accostamenti maliziosi, subdole insinuazioni e mistificazioni varie, ad indurmi a rendere la tanto reclamata intervista: come se ci fosse soltanto un diritto di cronaca e non anche un diritto alla riservatezza. Per la prima ragione, preannuncio che darò mandato ad un avvocato di fiducia per valutare le azioni esercitabili ed eventualmente darvi corso.

Per il secondo motivo mi rivolgo a Voi avendo in animo il desiderio di risanare, sulla via della verità, il rapporto di fiducia con il popolo dei fedeli, purtroppo lacerato dal furto sacrilego. Già all’indomani dell’arresto della suora che, secondo una consolidata prassi esecutiva, aveva incustodia gli ori in un settore dell’episcopio riservato alla sua congregazione ed interdetto al clero, con il mio comunicato del 12 ottobre ho preso atto degli sviluppi delle indagini, caratterizzati, per quanto emerso ufficialmente, da riscontri oggettivi e dalla confessione della indiziata; ho espresso fiducia nell’operato della Magistratura, ancora in corso. Questa per me è la verità, purtroppo amara e dura a sopportarsi: che una mano domestica si è macchiata di un fatto così empio che nuoce ai beni della Chiesa, infanga scandalosamente la sua immagine, offende la sensibilità dei fedeli e specialmente delle comunità parrocchiali i cui ex votorisultano sottratti, benché in parte. Non ho voluto rilasciare interviste ad emittenti televisive e testate della carta stampata perché, soprattutto nella attuale fase di ricostruzione dei fatti e di ricerca degli elementi di prova, nel rispetto del segreto istruttorio sulle indagini condotte dalla Magistratura inquirente, alla quale, come esponente della persona offesa dal reato, ho reso e renderò la più ampia collaborazione, credo chenon sia onesto esprimere giudizi o fare commenti sulla base di dati generici, sommari, frammentarie in continuo divenire o, peggio, non sia conveniente lasciarsi irretire da ribalte mediatiche che, in nome di un abusato diritto di cronaca, attraverso immagini, racconti e brani di interviste, il più dellevolte ripetitivi, si dipanano da un filo narrativo quotidianamente alimentato da dati estemporanei, da mere supposizioni, da gratuite esternazioni in una logica del sospetto o del “romanzo” che crea scenari sconcertanti o l’aspettativa bramosa di risvolti sensazionali. Per queste ragioni ho mantenuto un profilo di sobrio riserbo: il mio silenzio non è volto a celare verità scomode. E per me rappresenta la via giusta, che intendo seguire fino in fondo. Ciò detto, quando le indagini saranno portate a compimento, con la speranza che sulla vicenda cessiil clamore mediatico e la comunità recuperi fiducia e serenità, vorrò rendere più fitto con Voi, grazie anche all’apporto prezioso del Presbiterio, il dialogo fraterno, nel comune cammino di Fede.

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