L'associazione Ariano in movimento ricorda con dolore quel 31 Agosto di quattordici anni fa, giorno in cui finì tragicamente, morti asfissiati in un Tir nell’area di servizio di Mirabella Eclano, il sogno di cinque giovani curdi-iracheni.''Ricordiamo anche il grande impegno profuso dal prof. Giovanni Maraia che dopo l'indignazione iniziale pretese da parte delle autorità italiane il rispetto di quello che in questi giorni, a proposito dei defunti di Amatrice, è stato definito un diritto sacrosanto: i familiari delle vittime devono poter piangere i loro cari nella propria terra. Giovanni Maraia comprese, con la sua sensibile razionalità, come questo diritto è naturale e appare scontato per gli italiani, non lo è per i tanti migranti che perdono la vita lungo il loro viaggio. Così, in modo caparbio, iniziò la sua battaglia contro un'abitudine barbara, quella di seppellire i corpi dei migranti in cimiteri di fortuna, quasi sempre senza un nome e senza rispettare il diritto umano dei familiari di poterli onorare, ognuno secondo la propria tradizione, cultura e religione. Quella battaglia fu vinta e, purtroppo, rimane un raro esempio di civiltà e umanità in tutta la storia dell’emigrazione contemporanea.Nella societá dove domina il dio denaro sono spesi bene i soldi per rimpatriare i migranti che rubano il lavoro agli occidentali, sarebbe invece assurdo spendere soldi per rimpatriare nelle loro terre quei corpi che non avevano nessun valore da vivi, immaginiamoci da morti.Il diritto alla vita così come il diritto di commemorare i morti sono entrambi diritti universali e lo Stato italiano negando questo diritto ai migranti, non può definirsi un Stato democratico e civile. Il nostro ricordo oltre che un atto di cordoglio vuole essere una denuncia diretta allo Stato italiano affinché formuli al più presto una legislazione atta a regolamentare e istituzionalizzare le procedure che consentono il riconoscimento e il successivo rimpatrio nei loro paesi di origine delle salme di tanti uomini,donne e bambini morti nel disperato tentativo di scappare dalla guerra e dalla fame.Nei giorni successivi a quel tragico evento contro tutto e tutti, superando tanti ostacoli si sono costruiti dei ponti, da una parte per far ricongiungere i superstiti ai loro cari in Europa e dall’altra per riportare le salme tra le braccia dei loro familiari.Oggi, a quattordici anni di distanza, si preferisce costruire muri che alimentano morte, disperazione e gli affari della malavita nella tratta di esseri umani e nello sfruttamento del loro lavoro. L’Europa dei muri non fa altro che alimentare l’odio tra gli uomini, il terrorismo e il desiderio di sicurezza, generando così un circolo vizioso dal quale se ne viene fuori agevolando i migranti nel loro viaggio attraverso corridoi umanitari e impegnandosi a costruire un equilibrio politico in Medio-oriente e in Africa''.
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