Non parla Vittorio Civitillo. Proprietario, insieme al fratello Andrea, della Ics di Pianodardine, andata a fuoco venerdì scorso. Non parla, non può, dice, ci sono indagini in corso. Presso la sede di Confindustria Avellino però incontra sindacati e lavoratori per discutere del futuro della sua azienda. L'intenzione, nella speranza che l'area venga dissequestrata presto, è di ricostruire e di tornare a produrre. Nel frattempo per i 26 dipendenti si aprirà una stagione di cassa integrazione. Alcuni potrebbero anche scegliere di trasferirsi in uno stabilimento in Lombardia.
Proprietà e lavoratori sono rimasti scossi per l'accaduto. Nessuno si spiega come l'incendio si sia potuto sviluppare. In ogni caso più che al dolo si pensa ad un un incidente. Toccherà alla magistratura fare luce. Per azienda e dipendenti al momento la cosa più importante è ripartire il prima possibile.
Intanto una buona notizia c'è: i livelli di diossine nell'aria rilevati dall'Arpac nelle prime ore dell'incendio sono di poco superiori alla norma e comunque inferiori a quelli registrati in altri incendi simili che si sono verificati in Campania.
Insomma, la nube tossica sembra aver fatto pochi danni, anche se si attendono ulteriori dati. Nel frattempo procede spedita l'inchiesta della magistratura. Sul luogo del disastro c'è stata la visita del Procuratore della Repubblica di Avellino Rosario Cantelmo. Ascoltati dai Carabinieri i primi testimoni. Al momento non ci sono indagati. I reati ipotizzati sono disastro ambientale e incendio colposo. Un consulente verificherà il rispetto delle norme antincendio. Non esiste una pista investigativa precisa. In questa fase nessuna ipotesi viene esclusa, nemmeno quella del racket.
Intanto prosegue il dibattito sul futuro della zona industriale di Pianodardine. C'è chi parla di delocalizzazione, chi di riconversione green e incentivi alle imprese compatibili con il territorio. Interviene anche il presidente di Confindustria, Giuseppe Bruno. ''Episodi del genere non dovrebbero accadere- dice. C'è innanzitutto da migliorare sul fronte della prevenzione e del rigoroso rispetto degli standard di sicurezza. Ma delocalizzare è impraticabile. Altrove ci sono aree industriali molto più impattanti di quella di Pianodardine. Delocalizzare significherebbe desertificare''.
''Nella Valle del Sabato il problema principale – aggiunge Bruno- è rappresentato dallo Stir e dai miasmi che produce 365 giorni l'anno. C'è bisogno di un impianto di decompressione che purifichi l'aria''.
Per Bruno, tornando al rogo della Ics, ''ora c'è la necessità di non cedere all'emotività e di far prevalere la razionalità''. Così agli ambientalisti che scenderanno in piazza il prossimo 29 settembre contro l'inquinamento della Valle, chiede proposte e non solo proteste: ''Servono idee per produrre più sicurezza ma anche più occupazione e sviluppo. Le difficoltà devono essere trasformate in opportunità''.
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