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Sotto la neve vittimismo e provincialismo

Un errore scomodare il terremoto dell'80

Neve

Pare sia finita. Pare che la neve abbia deciso, finalmente, di lasciare l’Irpinia. Di consentire ai suoi cittadini, di tornare a vivere, uscire, lavorare. Le strade sono tornate percorribili. Problemi persistono in alcune zone dell’Alta Irpinia, ma, come si dice in questi casi, la situazione va normalizzandosi.
Passata la bufera, è tempo di bilanci. I comuni contano i danni, tanti. L’agricoltura piange quanto è andato perso. L’industria prova a rialzarsi. 
Ora il nemico è il ghiaccio.
Ma c’è un altro aspetto che vale la pena indagare: la reazione degli irpini, dei cittadini, dei suoi rappresentanti.
Da subito va detto che in tanti, a differenza di quel che pensa il padano Borghezio, hanno preso la pala e spalato. Tanti i volontari che hanno dato una mano. Altrettanti sindaci sono stati impegnati 24 ore su 24 per risolvere le emergenze. 
Un’altra cosa, però, va detta con altrettanta forza: sono state troppe le lamentele pretestuose, strumentali di chi si aspettava che il Comune
gli togliesse la neve dal garage o dall’ingresso. Troppo diffusi anche lo sciacallaggio politico e le polemiche sterili. Non è mancata, inoltre, qualche imprudenza istituzionale. Da un lato c’è chi ha inizialmente minimizzato, come il presidente della Regione Caldoro, dall’altra chi ha drammatizzato. Paragonare quanto accaduto oggi al terremoto dell’80, come alcuni sindaci altirpini hanno fatto, sembra inappropriato. Quel sisma ci consegnò macerie e morti, ben tremila. Il riferimento, dunque, è inopportuno. Il senso della misura è una virtù che va praticata.
Infine, la querelle sull’esercito che prima arriva, poi, invece, non arriva. O meglio, arriva solo in alcune zone e per merito di qualcuno.
Forse andrebbe chiarito qual è il ruolo dei militari: in teoria dovrebbero difenderci, operare nel settore della sicurezza nazionale.
Non ci sembra che tra i loro compiti ci sia quello di spalare. Insomma, una riflessione va fatta. Bisogna stabilire chi fa cosa, per evitare che i sindaci si sentano abbandonati, e i cittadini incavolati. E poi, il senso di comunità: quando l’abbiamo perso; quando abbiamo smarrito la propensione a tendere le mano; ad aiutare il vicino. Siamo, invece, preda del rivendicazionismo, del qualunquismo, del populismo, del vittimismo e del provincialismo. Pronti a puntare l’indice, mai a porgere l’altra guancia.

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