40 nel 2014, una decina dall’inizio dell’anno. Sulle pagine delle cronache irpine le notizie di suicidi si susseguono. A vedere in numeri, in reatà i dati sono in linea con quelli nazionali, solo leggermente superiori. Ma quali sono i motivi alla base di un gesto così estremo? Cosa può fare la società, le istituzioni per prevenire e offrire aiuto alle persone in difficoltà? Di questo si è discusso al Carcere Borbonico nel corso di un convegno organizzato dalla Caritas di Avellino che ha visto la partecipazione, tra gli altri, del vescovo Francesco Marino.
Particolarmente interessante lo studio condotto dal dottore Pietro Bianco, direttore delle Unità Operative di salute mentale e ricercatore su disturbi dell’umore e condotte suicidarie, che ha tracciato, per quanto possibile, il profilo del potenziale suicida.
All’incontro si è discusso anche dell’esperienza dell’Osservatorio sui suicidi attivo in irpinia dal 2011 al 2013 e da allora fermo per mancanza di fondi regionali.
Emilio Fina, direttore dipartimento Salute Mentale, ha illustrato i dati relativi al periodo in cui l’osservatorio era operativo, sulla base delle 1500 chiamate giunte al numero verde. Dati che smentiscono anche qualche luogo comune: a chiamare infatti sono stati innanzitutto individui tra i 30 e i 45 anni inseriti in un contesto familiare strutturato, spesso con un lavoro e senza problemi psichiatrici.
Dalla dottoressa Esposito, che dell’Osservatorio è stata la responsabile, l’appello a riattivare un servizio che si è rivelato molto utile.
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