Da un lato il dibattito sulla sfiducia, che ha visto protagonisti l'opposizione e i dissidenti Pd; dall'altro l'appello lanciato dal sindaco per un governo di larghe intese.

Il consiglio comunale più atteso dell'era di Paolo Foti, si svolge lungo questi due contraddittori binari. Una seduta fiume, quella di ieri sera, che si è conclusa solo a mezzanotte, quando si è deciso di sospendere e rinviare a data da destinarsi. Una seduta nella quale è successo di tutto.

Ad aprire le danze è il sindaco. Paolo Foti si presenta con la giunta dimissionaria, fa autocritica rispetto al percorso amministrativo, ammette che non c'è più una maggioranza e propone all'opposizione un patto di fine mandato per evitare il commissariamento e affrontare le questioni più urgenti.

A raccogliere l'appello c'è Dino Preziosi, e pochi altri consigliri, a patto che la svolta ci sia entro 100 giorni e che venga subito nominata una nuova giunta.

Risponde picche invece Giancarlo Giordano che come precondizione al dialogo pone le dimissioni dello stesso primo cittadino, così da ufficializzare la crisi e aprire una riflessione con la città nei venti giorni successivi che la legge concede.


Poi c'è l'altro fronte, quello delle mozioni di sfiducia. Dopo una serie infinita di reciproche accuse tra minoranza e dissidenti, su chi fosse più o meno determinato a mandare a casa Foti, le mozioni da una passano due. Insieme raccolgono 17 firme, quanto basterebbe per far cadere il primo cittadino. Ora però i due fronti, per centrare l'obiettivo, dovranno cercare l'intesa su un'unica mozione e portarla in aula al prossimo Consiglio. Se così fosse per il sindaco non ci sarebbe speranza, in caso contrario potrebbe tentare la strada del patto dei cento giorni proposto da Preziosi. Insomma, la crisi è tutt'altro che chiusa e gli esiti restano imprevedibili.