La voce rotta dal pianto è anche segno della tensione del momento. Sì perché il passaggio è di quelli cruciali. Tanto che la relazione, impietosa, fotografa un quadro drammatico. Aveva promesso di dire tutta la verità e così è stato. L’intervento del sindaco Foti è una via crucis che parte dalle opere incompiute per arrivare all’inefficienza della macchina amministrativa. Il primo cittadino parla di una città preda di pratiche clientelari, favoritismi, inefficienza, dissensi tra dirigenti.
Una città sulla quale pesano come un macigno quei 13 milioni di euro di debiti accumulati a partire dal dopo terremoto fino ad oggi: la maggior parte frutto di cause perse e risarcimenti stellari, a partire dal mercatone. Sulle responsabilità, però, non si sbilancia: ‘’Siamo tutti vittime e tutti complici’’. Non cita l’esperienza di Galasso, mentre critica la gestione commissariale.
Ma Avellino ce la può fare. Nonostante tutto, non ci sono le condizioni per dichiarare il dissesto. Con una oculata gestione ordinaria si può uscire dal tunnel. La rinascita politica, sociale e culturale della comunità è possibile. La strada è lunga, irta di ostacoli. Il sindaco lo sa. I primi cinque mesi lo hanno dimostrato.
Il prossimo nodo da sciogliere riguarda il rimpasto in giunta dopo l’addio di Ricci e Manzo.
Resta critico il giudizio dell’opposizione. Ci si aspettava che il sindaco fosse più chiaro sulle responsabilità e più convincente sulla strada da perseguire.
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