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Separazione, il rifiuto di rapporti sessuali giustifica l’addebito?

''Il cavillo'', di Maria Froncillo: perchè la legge on ammette ignoranza

L'art. 151 c.c. statuisce che il giudice dichiara "a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio".  Rientrano tra i fatti costitutivi dell'addebito: le condotte che ostacolano l'altro coniuge nello svolgimento della sua personalità e nell'esercizio dei diritti costituzionalmente garantiti (libertà religiosa, lavoro, libertà di pensiero) la violazione del dovere di collaborazione e di assistenza morale, la violazione degli obblighi di coabitazione, di contribuzione e di fedeltà (esteso non solo alla presenza di relazioni sessuali extraconiugali, ma anche ai casi c.d. di "infedeltà apparente", "relazione platonica", "tentativo di tradimento"); la violazione dell'obbligo di assistenza e collaborazione, nel quale possono ascriversi sia i comportamenti rilevanti come illeciti penali (sevizie, minacce, ingiurie) che gli atteggiamenti che comportano offesa della personalità del coniuge, come la mancanza di lealtà, la mancanza di rapporti sessuali con rifiuti privi di giustificazione.  La mancanza di un'intesa sessuale "serena ed appagante", come anche il mancato accordo tra i coniugi sui rapporti, sulla tipologia e sulla frequenza degli stessi, legittima la domanda di separazione, in quanto costituisce elemento di intollerabilità della convivenza (Cass. n. 8773/2012; n. 17056/2007) e causa di addebito, laddove sussista una "colpa" da parte di uno dei due coniugi che preclude all'altro la possibilità di soddisfare i propri bisogni sessuali, opponendo un ingiustificato e persistente rifiuto ad intrattenere rapporti e violando così uno degli obblighi previsti dal matrimonio.  Secondo l'orientamento maggioritario della giurisprudenza, infatti, "il persistente rifiuto di intrattenere rapporti affettivi e sessuali con il coniuge - poiché, provocando oggettivamente frustrazione e disagio e, non di rado, irreversibili danni sul piano dell'equilibrio psicofisico, costituisce gravissima offesa alla dignità e alla personalità del partner - configura e integra violazione dell'inderogabile dovere di assistenza sancito dall'articolo 143 cod. civ., che ricomprende tutti gli aspetti di sostegno nei quali si estrinseca il concetto di comunione coniugale"  Il rifiuto di condurre una normale e sana vita sessuale per dare luogo ad un'offesa alla dignità della persona, comportando pregiudizi sul piano personale e psicologico. È ovvio che in presenza di impedimenti, ad esempio, nell'ipotesi di una malattia o di un motivo di indisposizione del coniuge non potrà discendere l’addebito della separazione.  Maria Froncillo

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