Il giorno dopo la tragedia di Monteforte assume contorni più chiari. Quattro i colpi di pistola esplosi da Vincenzo Gallo, 37 anni, all’indirizzo del fratello Carmine, di due anni più grande. Colpi sparati a distanza ravvicinata che non hanno dato scampo alla vittima. Carmine è morto durante il tragitto in ospedale. A ricostruire la dinamica dell’omicidio, gli uomini della squadra mobile della questura di Avellino. E’ qui che Vincenzo si è costituito ammettendo di aver ammazzato il fratello.
Era stato la madre a chiamarlo, preoccupata per la condotta di vita del figlio Carmine. I due fratelli abitano in due case poco distanti in Via Borgo e Acqua delle noci. Lo scontro è avvenuto sulle scale della palazzina. Prima una rissa verbale, poi una colluttazione. All’improvviso partono quattro colpi di pistola che feriscono a morte Carmine. In casa, oltre alla madre, altri tre amici, uno dei quali pregiudicati. Incensurato, invece, Vincenzo, mentre Carmine aveva un piccolo precedente per resistenza a pubblico ufficiale. Pare che a cena tutti avessero bevuto parecchio. Sono stati gli amici di Carmine a chiamare polizia e ambulanza. Per comprendere meglio il movente si attende l’interrogatorio della madre. E’ lei il testimone chiave. Intanto sull’arma del delitto è giallo. Si tratta di una calibro nove che Vincenzo ha gettato da un cavalcavia della variante 7 bis prima di costituirsi. La pistola, però, nonostante le ricerche non è stata trovata. Secondo quanto riferito da Vincenzo l’arma era di proprietà di Carmine che l’aveva con sé quando i due si sono incontrati sulle scale. Dopo la colluttazione, il revolver è finito nelle mani del fratello minore. Grazie all’autopsia, che si terrà domani, alcuni di questi aspetti potrebbero essere risolti.
Sotto shock la comunità Monteforte, che stenta a credere come due bravi ragazzi, lavoratori, si siano resi protagonisti una vicenda familiare così drammatica.
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