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De Mita: ''La rottamazione non mi piace''. E Alfano elogia Ciriaco: ''Ha condizionato la mia giovinezza''

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''Alla politica oggi manca un retroterra culturale. C'e' un esiccamento delle curiosità culturali. Altro che rottamazione. Lo dico da sopravvissuto di un'altra stagione politica: la rottamazione non mi piace''. Così l'ex premier Ciriaco De Mita, nel corso della presentazione a Montecitorio del suo libro ''La storia dell'Italia non e' finita'. ''Io penso - ha aggiunto - ci sia necessita' di una fase costituente e di riforme della politica. Quanto alla figura di Monti, mi viene in mente il paragone con la nazionale di calcio: se Balotelli serve per vincere la partita, deve giocare. Monti non e' eletto ma e' un bene dell'Italia perche' dall'Italia e' in grado di guidare anche l'Europa''. 
Ad ascoltarlo Massimo D'Alema, Pier Ferdinando Casini, il presidente della Camera Gianfranco Fini e il segretario del Pdl Alfano, che ricorda ''il grande fermento riformatore e innovatore della Dc, che produsse anche in Sicilia importanti scelte come liste pulite per le regionali e l'allontanamento di Vito Ciancimino. Scelte coraggiose che hanno riguardato anche l'innovazione nella classe dirigente, l'apertura al contributo di mondi che non appartenevano alla Democrazia Cristiana".
"A De Mita -dice- raccontai un episodio privato che ha condizionato la mia giovienzza. All'eta' di 15 anni mi rinchiusi per tutta l'estate nella libreria della mia città a leggere. In particolare, mi colpì l'intervista a De Mita di Arrigo Levi, che raccontava la storia di un ragazzo di Nusco, figlio di un sarto, che grazie a una borsa di studio andò a formarsi all'università del Sacro Cuore di Milano. Quell'accademia fu fucina di gruppi dirigenti cattolci. Finito il libro, andai da mio padre e gli comunicai la mia decisione irrevocabile di studiare a Milano e di iscrivermi alla Facolta' di Giurisprudenza. Dico questo per manifestare la mia stima intellettuale per De Mita, che nasce da un'approfondimento di pensiero".
Alfano si sofferma poi sulle "grandi scelte degli anni della Dc", a partire dal "ripensamento dei rapporti tra Stato e Regioni" e del welfare, "merito della prima Repubblica. Welfare che non ha prodotto solo il debito pubblico, visto che i cittadini italiani hanno trovato nella sanita' e nell'istruzione un modello universalistico, che ancora oggi molti paesi moderni cercano di imitare".

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