Il diritto alla salute è costituzionalmente tutelato. È un bene fondamentale, per cui nessuno può esser obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di Legge. Ciò significa che è esclusa dal nostro ordinamento ogni forma di obbligatorietà nel subire trattamenti sanitari, per agire sul fisico e sulla psiche del paziente è necessario il suo assenso. Questo consenso deve essere dato a seguito di informazioni trasparenti e sufficientemente chiare. È una libertà importante acconsentire o negare un trattamento, che si tratti di una terapia o di un intervento specifico. Il paziente deve poter comprendere i benefici della terapia, ma anche e soprattutto i rischi che possono derivare ad esempio da un intervento chirurgico. L’informazione deve riguardare la possibilità di conseguenze peggiorative della propria situazione clinica, i prevedibili sviluppi che la patologia seguirà nel tempo.
Il consenso deve essere prestato in modo chiaro, univoco e attuale.
In caso di sviluppi imprevisti di una malattia il medico è tenuto a rendere edotto il paziente, il quale è sempre libero di modificare la propria volontà iniziale, revocando anche il consenso.
Cosa succede se ci si trova in uno stato di incoscienza? Per il paziente impossibilitato a riferire le proprie volontà la Legge individua un soggetto legittimato ad assumere la decisione. Tendenzialmente un coniuge, i figli o un rappresentante legale.
Si terrà conto di eventuali volontà scritte o espresse in un momento di lucidità.
Il diritto alla salute prevede, come tutti i diritti, un rovescio della medaglia. Il medico che opera in assenza di consenso informato, incurante delle procedure sopracitate, incorre in severe sanzioni civili e penali, gravi a tal punto da poter raggiungere l’accusa di omicidio preterintenzionale.
Maria Froncillo
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