Il direttore responsabile di un giornale concorre sempre in solido con il giornalista per i danni conseguenti alla diffamazione. Le ipotesi possono essere due, il direttore può essere colpevole per il mancato controllo dovuto o per concorso nel reato. Un articolo contenente riferimenti diffamatori nei confronti di un soggetto rende colpevoli giornalista e direttore, escludendo la scriminante del diritto di cronaca.
I poteri di controllo di un direttore non si esauriscono nell’esercizio di un controllo preventivo, volto a selezionare gli argomenti. La vigilanza si estende anche ad un controllo ex post, sui contenuti e sulle modalità di esposizione. Persino la scelta del titolo e della collocazione dell’articolo spettano al direttore. Altro obbligo in capo al direttore è l’accertamento sulla verità dei fatti, l’attendibilità delle fonti.
Altra verifica è secondo la Corte sulla “conoscenza dell’idoneità evocativa delle paroel, volta a riscontrare se alcuni fatti esposti, in sé comprovatamente veri ed altri quanto meno attendibili non siano tali, per il loro utilizzo fuori contesto, o per la suggestione ed i collegamenti impliciti che l’espressione giornalistica deliberatamente usata è idonea a creare nel lettore, ad essere in concreto diffamatori.
In sostanza il compito del direttore non può esaurirsi in una semplice presa d’atto. Le pubblicazioni devo essere controllate per evitare di incorrere in profili penalmente civilmente rilevanti.
La condanna in solido nelle ipotesi di diffamazione non fa valere come esimente la professionalità del giornalista che firma l’articolo, la sua particolare esperienza in materia. Ogni giudice considererà sempre responsabile il direttore.
Maria Froncillo
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