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"Mio padre è vivo nelle coscienze": Antonio Ammaturo ucciso dalla Br nel ricordo della figlia

Antonio Ammaturo

Gilda Ammaturo, ricorda il padre Antonio Ammaturo ucciso dalle Brigate Rosse insieme all'agente Pasquale Paola il 15 luglio 1982 in Piazza Nicola Amore:
"Alla fine della giornata lo squillo allegro del campanello faceva precipitare alla porta noi bambine che aspettavamo con ansia e improvvisamente la casa si riempiva della presenza di nostro padre e si illuminava di una nuova luce. Così, dimessi i panni di Vice Questore della Polizia di Stato e di grande e tenace investigatore, ritornava bambino per giocare insieme a noi. Non comprendevamo, allora, dietro le risate e le canzoni che ci intonava c'era stata una dura giornata di "combattimento" a tutela della legalità in una Napoli violentata dalla criminalità organizzata, dalle faide camorristiche che mietevano vittime all'ordine del giorno. Anni difficili soprattutto per chi come Antonio Ammaturo era sempre in prima linea, pronto ad affrontare apertamente e direttamente i criminali e non si risparmiava nel mettere se stesso a difesa della comunità. 
Da capo della Squadra Mobile alla Questura di Napoli, ultima meta dopo una carriera nelle zone più difficili del sud Italia, aveva compiuto decine di arresti, senza fare sconti a nessuno, aveva portato alla luce connivenze e corruzioni con il suo innato coraggio e la sua determinazione. Era il periodo del post terremoto e della prima fase delle ricostruzioni, con appalti gestiti dalla camorra a cui si aggiungevano omicidi di matrice terroristica e sequestri di personaggi politici di "oscura" natura, a cui egli stesso stava lavorando, ricostruendone le fila, oltre a compiere operazioni di polizia sgominando covi e nascondigli. Con l'entusiasmo e la passione per il suo lavoro, che lo caratterizzavano, andava avanti per sconfiggere la delinquenza malgrado le minacce ricevute. In un dossier, mai ritrovato, le sue ultime indagini. Solo gli spari di un'afosa giornata di luglio poterono fermarlo, così come cambiarono la nostra vita. 
Sembravamo i superstiti di una guerra. Avevo sognato, la sera precedente di quel maledetto 15 luglio 1982, come una premonizione, un bombardamento aereo, noi cercammo riparo per nasconderci ma poi quando uscimmo alla fine allo scoperto non c'era più niente, tutto raso al suolo. Così è stato, non avevano più niente, solo un'immensa solitudine. C'è sembrato che per anni ci siamo aggirate stordire una specie di day after infinito a chiederci un come e un perché, che ancora nessuno ci ha spiegato. Sono stata chiusa in me stessa in un silenzio pesante e penoso, ma l'incontro con Don Ciotti è stato la mano tesa che aspettavo che mi ha risollevata portandomi fuori dalla desolazione. Mi ha portato sulle strade, nei cortei, a gridare il nome di mio padre, per non far dimenticare, per ricordare a piena voce coloro che hanno dato la vita per combattere i soprusi e ristabilire l'ordine sociale, mi ha portato a parlare nelle scuole ad incontrare gli sguardi attenti dei giovani che vogliono sapere e capire, mi ha dato una nuova forza. Una forza nata dalla consapevolezza che "Loro", mio padre Antonio Ammaturo e l'agente Pasquale Paola, e con essi tutte le vittime innocenti della criminalità, non sono morti, ma sono più vivi che mai nelle nostre coscienze. Oggi ho fiducia, negli uomini e nel futuro, un futuro fatto da uomini e donne consapevoli avendo avuto dei grandi esempi di coraggio e d'integrità morale, anche se pagate con il sacrificio supremo."

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