La cassazione nega l’affidamento alternato del minore, in quanto va tutelata la sua stabilità psico-affettiva. Risultano essere preminenti gli interessi del piccolo ad avere una stabilità dell’habitat domestico, a frequentare certamente l’altro genitore.
Il regime di affidamento alternato in origine era stato introdotto per garantire un trattamento paritario tra i genitori che rimangono pur sempre due. Parità in contrasto con l’interesse del bambino e non sempre in comunione con l’istituto dell’affidamento condiviso.
Il caso di specie è quello di un padre che, avendo poco tempo per stare con sua figlia, aveva chiesto l’affidamento alternato. Il suo contributo per il mantenimento della bambina gli sembrava insufficiente e probabilmente lo era. Addirittura i genitori si affidavano ad un terzo, un professionista, per seguire un percorso capace di dare pacifica attuazione all’istituto dell’affidamento, dato il livello di conflittualità tra gli ex coniugi. La richiesta del genitore non ha trovato accoglimento, a nulla è servito l’appello dell’uomo alla bigenitorialità, neppure le interpretazioni delle direttive europee hanno convinto i giudici italiani. Il regime di visita stabilito in partenza è stato considerato del tutto idoneo, a vantaggio delle esigenze della minore. Non si riscontra alcuna violazione del diritto alla genitorialità, nemmeno un superamento del canone dell’affido condiviso. Uno dei due genitori (in condizioni normali il padre) deve fare un passo indietro per tutelare il benessere del minore.
Maria Froncillo
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