Citando una frase di Bruce Springsteen, si può dire che ''Elvis Presley libera il corpo, Bob Dylan libera la mente''. La frase è emblematica nella comprensione di quella che è stata l'evoluzione della musica rock dalla metà degli anni '50 alla fine degli anni '60, dalla fondazione ufficiale del rock 'n roll, se così può ritenersi la movimentata Rock Around the Clock ad opera del già attempato ma scaltro Bill Healey nel 1955, fino alla metà degli swinging sixties, attraversati da scosse elettriche e ventate psichedeliche all'insegna della Summer of Love, intervallate da suggestione acustiche che hanno ingentilito la proposta musicale ma inasprito i testi all'insegna della ribellione giovanile alla vigilia del 1968.
Il rock n' roll delle origini è una musica che coinvolge il corpo, le membra, che invita alla trasgressione, al ballo, alla liberazione sessuale, all'indipendenza di una classe giovanile alla quale la severa educazione religiosa e morale diventa stretta e insopportabile; la musica negli anni sessanta inizia a captare invece l'atmosfera di ribellione verso un qualcosa di indefinito ma che incontra un capro espiatorio nel vivido e rigoroso conformismo degli allora austeri genitori, in una Londra e in un'America flagellate, seppur vincitrici, dagli immani sforzi di un conflitto mondiale e di una imminente guerra fredda, comprensiva della disastrosa parentesi vietnamita, che per anni ha alimentato l'insoddisfazione di centinaia di migliaia di giovani in tutto il mondo.
Bob Dylan è il profeta di quella generazione, ha narrato, favorendolo, l'evolversi di un epoca, la disordinata insofferenza dei giovani degli anni '50 si è uniformata in una idea comune di pacifismo utopico, e di ribellione alle istituzioni, sulle note delle sue canzoni che lo hanno incoronato, da menestrello del folk debitore a Woody Guthrie a inventore del folk rock che con la sua svolta elettrica nel '66 ha infiammato migliaia di cuori, di coloro che hanno sempre cercato di etichettare il ''cantautore'' in un genere musicale, e ''l'uomo'' in una presa di posizione, comportamenti delle masse che hanno reso il camaleontico e multiforme Dylan sempre più schivo e critico nei confronti dei suoi fan, tale da spingerlo a pubblicare degli album che hanno letteralmente avuto il compito di spiazzare gli ascoltatori e i critici musicali di tutto il mondo.
L'antefatto era necessario per comprendere lo scopo e la ratio di una opera immensa, il nuovo box set marchiato Sony Music - Legacy Recordings, prende il nome di Complete Album Collection - vol. One se si considera la sua portata storica di cui si fa ambasciatore, che comprende al suo interno tutte le pubblicazioni inizialmente uscite per Columbia Records a partire dal 1962, per un totale di 47 album, tra cui 35 album in studio, compreso il nuovo capolavoro Tempest del 2012, 6 live e due cd di extra tracks. Il tutto è sublimato dalla presenza di un libro di quasi trecento pagine contenente note inedite dedicate ad ognuno degli album scritte da Clinton Heylin con prefazione di Bill Flanagan (direttore editoriale dell'MTV Network). Come se non bastasse, contemporaneamente vengono pubblicate ben quattro collezioni speciali digitali divise per decadi: The 60's, The 70's, The 80's e The 90's-00's, e, per rimanere sempre in ambito di digital edition, viene pubblicata in digitale anche The original Mono Recordings, collezione comprensiva dei primi otto album dell'artista registrati in mono. Per avere Complete Album Collection - vol. Two, invece, bisognerà aspettare l'anno prossimo, quando un'altra mastodontica collezione verrà messa sul mercato, quella relativa a tutti gli album della serie Bootleg. Non mancherà chi condannerà le uscite come mere operazioni di mercato: lo sono, come lo sono quasi tutte le pubblicazioni discografiche in un certo senso, di più ancora se in ambito pre-natalizio, ma questa, quantomeno, gode di una importanza storica che viene eguagliata da pochissime altre in ambito musicale, da considerarsi oltre che come la collezione definitiva dell'artista di Duluth, come l'opera massima del folk rock americano e sicuramente fra le maggiori dello scorso secolo.
Nicola Vitale
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