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Vaccini e autismo: tra teorie pseudoscientifiche e disinformazione

Intervista al Dottor Matteo Ciuffreda, Medico Chirurgo Specializzato in Pediatria, in servizio presso l’Asl della provincia di Foggia

«Molte persone - sostiene il Dr. Ciuffreda - temono o sono convinte che il vaccino anti Covid-19 possa portare allo sviluppo di Disturbi dello Spettro Autistico in età pediatrica. In questo difficile periodo storico la subcultura no-vax è così tanto diffusa e radicata da indurre parte della popolazione mondiale a mettere in correlazione l’autismo con qualsiasi tipo di vaccino»

“Giù le mani dai bambini!”. Sono queste le parole riportate su muri, volantini e manifesti no-vax da quando, agli inizi di dicembre 2021, è stata avviata la campagna vaccinale anti Covid-19 per i minori in età pediatrica (5-11 anni). Parole che lasciano il segno in coloro che, con costanza e professionalità, ogni giorno lavorano per far sì che la pandemia diventi al più presto un ricordo.

Quello anti Covid-19 è solo uno dei vari vaccini destinati alla popolazione infantile ad aver comportato polemiche. La realtà dei fatti è che le credenze no-vax hanno radici profonde e difficili da sradicare.

Il più controverso dei casi nella storia delle vaccinazioni pediatriche è quello che rimanda al presunto e ormai smentito rapporto causa-effetto tra vaccino trivalente MPR (anti morbillo-parotite-rosolia) e autismo. Sebbene sia stato accertato che, per insufficienza di dati, alcun nesso causale tra vaccini e Disturbi dello Spettro Autistico possa essere stabilito, come evidenziato da svariati studi epidemiologici effettuati nel corso degli ultimi vent’anni, tutt’oggi il pregiudizio persiste e sembra crescere a dismisura. L'attuale pandemia, che ha messo e continua a mettere in ginocchio vite umane in tutto il mondo, facilmente può portare ad una preoccupante esasperazione dei retaggi culturali che sono frutto di anni ed anni di disinformazione e terrorismo mediatico.

Sarà forse il caso di rispondere alla tanto indignata comunità no-vax con un “Giù le mani dalla scienza se non la si conosce!”?   

Il Dr. Ciuffreda fa chiarezza sulla questione.   

Dottore, cosa c’è da sapere circa la correlazione temporale tra vaccini e insorgenza dei Disturbi dello Spettro Autistico?  

«Vi è spesso una correlazione temporale tra i due eventi poiché i primi sintomi dei Disturbi dello Spettro Autistico generalmente si manifestano nel corso del secondo anno di vita, periodo in cui il bambino si sottopone alla somministrazione di vaccini di diverso tipo. Ciò non indica, però, che vi sia un rapporto di causa-effetto, essendo stato quest’ultimo smentito più e più volte dalla letteratura scientifica. L’eziopatogenesi dei Disturbi dello Spettro Autistico è ancora piuttosto ignota, ma le ricerche effettuate nel corso degli anni da professionisti qualificati indicano che sia i geni che i fattori ambientali possano determinarne l’insorgenza».  

Come spiega il fatto che, nonostante la storia della vaccinazione abbia avuto inizio con il vaccino anti vaiolo a fine ‘700, il preconcetto sul nesso tra vaccini ed autismo si sia diffuso negli ultimi vent’anni circa?   

«Senz'altro la frode scientifica messa in atto nel 1998 in Inghilterra dall'ormai radiato Dr. Wakefield ha giocato un ruolo decisivo nella diffusione dei pregiudizi sui vaccini. Egli pubblicò sulla rivista “The Lancet” uno studio che metteva in evidenza una presunta relazione tra vaccino MPR e autismo. Esaminando lo studio del medico inglese, successivamente smentito dal General Medical Council britannico e da numerosi altri studi, si scoprì come esso presentasse delle chiare incongruenze. Lo studio era falso, infondato e soprattutto intenzionalmente artefatto. Wakefield cercò di screditare il vaccino per avviare la sperimentazione di un vaccino proteico che egli stesso aveva già brevettato».  

Mi sembra di capire che vi fu un vero e proprio conflitto di interessi.

«Assolutamente sì. Wakefield era ed è tutt'altro che un no-vax. Lo si potrebbe definire il padre di un danno intenzionale che ha valicato l'oceano arrivando rapidamente in America per poi diffondersi in tutto il mondo. Le sue azioni hanno avuto effetti irreversibili facendo calare le coperture vaccinali poco dopo la pubblicazione del suo studio e portando ad un pregiudizio sempre più radicato da ascrivere certamente anche ad un’informazione sbagliata o addirittura assente».  

Nel corso della Sua esperienza professionale ha avuto a che fare con genitori contrari a vaccinare i propri figli, nonché Suoi pazienti?  

«Sì, fin troppe volte. Le persone spesso sono convinte che qualunque tipo di vaccino porti, in qualche modo, all'insorgenza dell'autismo. La pandemia di Covid-19 ha peggiorato la situazione inducendo un numero sempre maggiore di genitori a rivolgersi a me ed ai miei colleghi con un atteggiamento di sfida senza capire che, in realtà, fare squadra, in nome della salute del mondo e della scienza, risulti essere l’unica via d’uscita». 

Cosa porta i genitori ad essere particolarmente spaventati dal vaccino anti Covid-19 destinato ai bambini?  

«Essi credono che il vaccino anti Covid-19 destinato alla popolazione pediatrica sia sperimentale e che non si conoscano i suoi effetti. A tali genitori e a chiunque altro la pensi in questo modo vorrei far notare che, quotidianamente, i pazienti utilizzano farmaci molto più nuovi e sperimentali dei vaccini.  La pratica vaccinale, di per sé, dal 1700 si è dimostrata un successo clamoroso, salvando il pianeta da tragedie. Il vaccino destinato al Covid-19 non è stato fatto, come molti dicono, “saltando qualche passaggio” ma è stato possibile produrlo in modo piuttosto rapido grazie all’utilizzo di una grande mole di risorse. Ciò ha permesso di arruolare sin da subito grandi quantità di ricercatori e di volontari che hanno fatto in modo che, in tempi relativamente brevi, si potesse arrivare ad un risultato sicuro. A dimostrarlo sono i dati». 

Le risulta che persone pro-vax, pur essendosi sottoposte alla somministrazione di una o più dosi del vaccino anti Covid-19, siano anch'esse restie a far vaccinare la fascia pediatrica che va dai 5 agli 11 anni?  

«Durante la prima fase della pandemia io ed i miei colleghi pediatri abbiamo riscontrato serie difficoltà a spiegare alle famiglie di presunti bambini positivi al COVID-19 che questi ultimi non fossero immuni e che, quindi, il Covid pediatrico non solo esistesse ma fosse in grado di provocare danni al paziente. Tutt'oggi, anche se in percentuale ridotta, mi capita ancora di incontrare persone che manifestano quel tipo di credenza. In molti altri casi, invece, le persone sono consapevoli della suscettibilità dei bambini al virus ma ne ignorano le conseguenze oppure non ripongono fiducia nelle vaccinazioni pediatriche. Dunque la mia risposta è sì: capita che genitori vaccinati, persino con tre dosi, non vogliano far vaccinare i propri figli». 

Il dato storico che fa riferimento alla frode scientifica di Wakefield viene perlopiù dimenticato o rimane ignoto, lasciando spazio al pregiudizio. Quanto e in che modo, secondo il Suo parere, i cosiddetti nuovi media hanno fatto e continuano a fare la loro parte?

«I media digitali hanno un’influenza notevole su quello che è il pensiero comune e per questo possono essere estremamente pericolosi. A coloro che sostengono una determinata tesi affermando di essersi documentati navigando in Internet io rispondo che è estremamente difficile trovare delle informazioni del tutto attendibili in rete se non si hanno delle solide conoscenze pregresse sull'argomento che si va a ricercare. L'algoritmo di un motore di ricerca tende a condurre al link cliccato più volte facendo credere al lettore che quello sia il sito più attendibile. La verità non ha valenza numerica; se, ad esempio, 10.000 persone sostenessero una menzogna e solo una la verità, ciò non vorrebbe dire necessariamente che questa avrebbe torto!». 

Dottor Ciuffreda, dalle sue parole sembra trapelare l’idea che per contrastare la subcultura no-vax ci sia bisogno di una maggiore e soprattutto migliore informazione. Che cosa consiglia? 

«Io consiglio di rivolgersi a dei professionisti qualificati che sapranno rispondere ad ogni domanda dei pazienti. Il pediatra è gratuito ed il suo lavoro consiste anche nel fare, sulla base di dati scientifici, una corretta e sana informazione».

*Rosanna Bruno (studentessa di Scienze e Tecniche Psicologiche presso l’Università LUMSA di Roma) 

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