La sentenza della Corte di Cassazione n. 45268 del 2015 determina una minore gravità della violenza sessuale anche se compiuta da un soggetto appartenente al nucleo familiare. Il perno attorno al quale ruotano le motivazioni della Corte è una valutazione globale della vicenda in cui assumono importanza le condizioni fisiche e psichiche della vittima, le modalità di esecuzione del reato. È stata accolta la diminuzione della pena di un uomo condannato per violenza sessuale. Il ricorrente aveva indotto sua cognata a subire atti sessuali, lo stato psichico della donna era però parzialmente compromesso, a causa di una epilessia. Dunque il deficit cognitivo sarebbe connesso ad una minore gravità del reato?
“Assumono rilievo i mezzi, le modalità esecutive, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e mentali di questa, le sue caratteristiche psicologiche in relazione all’età, così da poter ritenere che la libertà sessuale della persona offesa sia stata compromessa in maniera non grave, e che il danno arrecato alla stessa, anche in termini psichici, sia stato significativamente contenuto”. Secondo i giudici i rapporti tra familiari riguardano un profilo del tutto esterno alla valutazione sulla gravità del reato. A ben guardare però, il danno psicologico derivante da una violenza sessuale subita in un ambiente che dovrebbe essere protetto, risulta notevole. Comporta conseguenze destabilizzanti anche nei rapporti con altri familiari.
Maria Froncillo
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