Il caos scoppia all’uscita di Gennaro Lametta, proprietario del bus che precipitò dal cavalcavia. Nel mirino dei familiari delle vittime, Lametta e i suoi avvocati. Tocca alle forze dell’ordine riportare la calma. Due anni dopo il dolore è ancora intatto. Il ricordo di quella tragica notte del 28 luglio 2013, è ancora vivo. Erano circa le 21 di una domenica sera quando il bus precipitò dal viadotto di Acqualonga, sull’A16, nel tratto che attraversa il comune di Monteforte. 40 morti, quasi tutti di Pozzuoli. Erano di ritorno da una gita. Finalmente questa mattina si è alzato il sipario sul processo che dovrà individuare i responsabili di quella strage. Porte chiuse e area blindata per la prima udienza preliminare che si è tenuta presso un’aula del Carcere Borbonico allestita per contenere 175 parti civili e oltre 50 avvocati. Tra gli indagati ci sono dirigenti di Autostrade per l’Italia, funzionari della motorizzazione civile di Napoli, la proprietà dell’agenzia viaggi che aveva fornito il bus. I reati contestati vanno dall’omicidio colposo al disastro colposo, fino al falso in atto pubblico.
Per problemi procedurali, il mancato recapito di alcune notifiche, l’udienza è stata rinviata al 24 settembre prossimo. Tensione altissima fuori e dentro il carcere borbonico tra i familiari- presenti in sit in con croci bianche e striscioni - e gli indagati.
Presente in aula anche il procuratore Capo Rosario Cantelmo. Con lui il presidente del Tribunale di Avellino, Michele Rescigno, che si è soffermato sull’organizzazione del processo.
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