Ci vorranno almeno 15 anni per ricostruire i boschi andati a fuoco con danni all’ambiente, all’economia, al lavoro e al turismo che avranno un costo per la collettività di circa diecimila euro per ogni ettaro distrutto. Coldiretti tira le somme dopo un’estate rovente e nefasta per la Campania che ha determinato i 2 miliardi di danni sia alle coltivazioni sia agli allevamenti. I prodotti della dieta mediterranea saranno i più penalizzati. Per il raccolto di pomodoro–sottolinea la Coldiretti – si calcola una diminuzione del 12% rispetto al 2016, la vendemmia è ridotta del 25% e la campagna di raccolta delle olive si prospetta una delle peggiori degli ultimi decenni. Una soluzione per prevenire almeno gli effetti della siccità sta tutta in una parola: “organizzarsi”. Per Gennaro Masiello, vicepresidente nazionale e presidente regionale Coldiretti, “La Regione Campania ha sì deliberato la richiesta di stato di calamità, ma occorrono interventi di manutenzione, risparmio, recupero e riciclaggio delle acque con le opere infrastrutturali, potenziando la rete di invasi sui territori, creando bacini aziendali e utilizzando anche le ex cave per raccogliere l’acqua piovana”. Masiello ricorda i quattro invasi principali che esistono in Campania, con problemi annessi: “c’è l’invaso di Campolattaro in provincia di Benevento, che ha una capacità di oltre 100 milioni di metri cubi, peccato però che non ha derivazioni per l’utilizzo dell’acqua. C’è poi l’invaso San Pietro, in irpinia, gestito dal Consorzio della Capitanata con sede a Foggia e utilizzato per l’irrigazione di terreni pugliesi. Ancora l’invaso di Conza, in provincia di Avellino, con una capacità utile di oltre 60 milioni di metri cubi, le cui acque sono destinate all’acquedotto dell’Ofanto. Poi l’invaso di Piano della Rocca destinato ad usi plurimi nel comprensorio del Consorzio di Bonifica Velia. In realtà ci sono altri invasi cosiddetti minori, situati però ad altitudini tali da poter servire solo piccole porzioni di territorio”.
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