… “… l’amministrazione comunale di Benevento si trovava già prima dell’attuale amministrazione in una situazione finanziaria tanto critica al punto che aveva già aderito alla procedura di pre-dissesto (riequilibrio finanziario pluriennale - art. 243bis TUEL) il cui presupposto è proprio l’esistenza di squilibri strutturali del bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario, potremmo dire una procedura soft al default comunale, ma pur sempre una procedura di risanamento di una situazione squilibrata".
Sono le sottolineature dell'assessore alle finanze del Comune di Benevento, Maria Carmela Serluca che in un lungo documento traccia il bilancio.
L’ente aveva predisposto un secondo piano di riequilibrio avvalendosi della legge “salva enti”, essendo il primo approvato dal Consiglio Comunale in data 06/02/2013 e bocciato dalla Corte dei Conti in data 29/05/2014 che aveva valutato “la non congruenza ai fini del riequilibrio con delibera Consiglio Comunale n. 41 del 29/08/2014, che al momento del nostro arrivo era all’esame del Ministero dell’Interno.
L’amministrazione, appena insediata a luglio 2016, comunicava la volontà di avvalersi della rimodulazione del piano ai sensi dell’art. 243bis c.5) del TUEL proprio per verificare la sostenibilità del piano e per dover inserire la massa debitoria riconosciuta ad aprile 2016 dal precedente Consiglio di ben € 18.999.484,91.La prima necessaria verifica ha riguardato la modalità di finanziamento dei debiti precedenti e già riconosciuti. I 31 milioni e 500 mila euro del piano erano finanziati per la maggior parte, da quasi 16 milioni, con alienazioni patrimoniali e all’atto della verifica ad oggi sono state realizzate solo per 1 milione circa e da circa 13 milioni dal recupero crediti e anche questi non si sono realizzati.
Basti pensare al recupero crediti di circa 13 milioni dall’Istituto Autonomo Case Popolari nei cui confronti sono state attivate le procedure di recupero, ma allo stato sono di difficile esigibilità perché i beni che posseggono sono impignorabili.
Questi debiti che dovevano essere pagati con queste modalità sono stati invece pagati facendo ricorso al DL 35/2013 “Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili”, importo erogato dalla Cassa Depositi e Prestiti pari ad € 29.714.773,23. Si è avuto, sostanzialmente, solo una anticipazione, vale a dire è cambiato il debitore che non è più il singolo ma lo Stato a cui dobbiamo restituire quanto anticipato in trenta anni con una rata annuale di € 1.400.000,00 circa. Andando ad analizzare l’ulteriore indebitamento riconosciuto ad aprile per quasi 19 milioni, questo trova copertura nel fondo di rotazione, anche questo in termini più spiccioli è un nuovo indebitamento da restituire allo Stato la cui rata annuale avrebbe pesato sul bilancio negli esercizi successivi.
Altra situazione che grava annualmente sulle casse, per un altro milione in trenta anni, è il disavanzo del rendiconto 2015 di € 34.832.314,86, che come si ricorderà era stato votato soltanto dalla Giunta precedente, lasciando all’attuale Consiglio il compito di votarlo ,al di là di ogni buon senso politico ed essendo superati ampiamente i termini prescritti dal Testo Unico.
Da quanto detto si rileva il grosso peso delle rate da pagare annualmente, sottolineo per trenta anni, che graverebbero sul bilancio, a cui devo aggiungere la rata dei mutui contratti per circa 6 milioni e 300 mila. Rispetto alle passività potenziali, tanto discusse in questi giorni, attestate dai dirigenti dei settori, per € 14.041.976,50 bisogna mettere in luce l’autorevole posizione della Corte dei Conti che ritiene che “è di assoluto rilievo un’attenta indagine sulla presenza di oneri latenti non adeguatamente considerati dall’Ente, in modo da poterne stimare le ricadute negli anni di svolgimento della procedura di risanamento”.
Nell’analisi compiuta è evidente come la copertura di passività potenziali derivanti da contenzioso pendente, appare un incombente necessario ai fini del corretto svolgimento della procedura. L’Ente, sempre secondo la Corte dei Conti, nell’ambito della manovra complessiva di riequilibrio è tenuto a fornire “un resoconto sintetico sullo stato del contenzioso in essere, operando una valutazione prognostica della spesa complessiva che potrà gravare negli esercizi futuri”.
Nel pieno rispetto delle procedure da seguire è un errore troppo grossolano non tener conto delle ricadute di passività potenziali che, in questa fase non andavano affatto suddivise in base ai tempi di pagamento ma solo sull’ammontare da appunto una massa debitoria da non sottovalutare o addirittura da non tenerne conto!Un ulteriore elemento da prendere in considerazione è l’anticipazione di cassa, che per legge è finalizzata a fronteggiare momentanee difficoltà di cassa derivanti dallo sfasamento temporale dell’effettuazione dei pagamenti rispetto alla realizzazione dei flussi di riscossione delle entrate.
Il problema grave è che in questo ente non esiste la “momentaneità” ma la “strutturalità” del ricorso a questo istituto che tende al massimo consentito dalla legge. Le ragioni si possono ricondurre essenzialmente alla incapacità dimostrata di riscuotere i residui dei tributi di un decennio, tentando di ravvedersi soltanto nell’ultimo biennio.
Basti pensare che la delibera del precedente Consiglio per l’esternalizzazione della riscossione e accertamento dei tributi è di febbraio 2016! Infine in soli 6 mesi (da aprile, data di approvazione degli ultimi debiti, al 31/10/2016) i dirigenti preposti hanno attestato l’esistenza di € 3.099.169,64 di debiti fuori bilancio da riconoscere. Spostare l’attenzione solo su questo ultimo aspetto, come si addebita a questa amministrazione, significa distorcere la realtà dei fatti, che come ampiamente sopra spiegato ha tutt’altra valenza, senza dire ai cittadini che non ci sarà nessun aggravio in quanto i tributi sono già alle aliquote massime consentite dalla legge”.
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